Cammini materani.5/Santeramo-Cassano, Murge labirinto

Il cielo ha il blu dell’ora perfetta. Come se attendesse la notte alle prime ore del giorno . La luna gioca con le guglie del Conservatorio di Matera, il sole sfiora l’orizzonte delle Murge. Wikipedia usa il plurale per questo altopiano di pietra e io seguo sempre i suoi consigli. Murex, leggo, è roccia. Ho letto: ‘Tutto qui sarà tosto e tagliente come lame pietrificate’. Sono incerto di fronte alle Murge, il paesaggio mi sfugge. Mi piacciono le pietre. La campagna ha l’aria selvatica.
Ho già tagliato le scarpe da trekking comprate qualche centinaio di chilometri fa: dovrò avere una guida per comprare il prossimo paio, risparmio soldi per le nuove scarpe. Ma già avverto il timore di entrare in un negozio. La paura. Porterò con me una pietra delle Murge e spiegherò: io cammino sopra a queste…

Ma questa mattina, l’ora blu del mattino sfuma e cambia colore mentre il sole è immenso sull’orlo di un confine. C’è da prendere un bus per andare in direzione contraria. Provate a cercare un biglietto della Sita a Cassano poco prima delle sette del mattino. Chiedo all’autista. Deve esserci abituato: ‘Salite’. Io cerco un alibi: ‘Ci abbiamo provato’. Lui rimane in silenzio. Sfioriamo, senza saperlo – non abbiamo letto niente, per distrazione – il pub ‘Pecora Nera’, deve essere un buon posto se ascolto i trucchi di chi è già passato di qui: ‘E’ il regno di anarchia e cazzeggio, perché solo così nascono le cose serie’. Va beh, aprite il pub alle sette del mattino.
Bus fino a Santeramo. Là eravamo arrivati tempo fa. Come vorrei trovare coraggio di riprendere il cammino.

Abbiamo le tracce, non so come faccia Michele, camminante celebre senza mappe, ma qui, senza traccia sui display, noi non sapremmo dove andare. I segni non aiutano chi marcia verso il mare. Attraversiamo Piazza dei Caduti di Piazza Tienanmen e penso che vorrei conoscere l’assessore che ha preso la decisione di questo ricordo. Binari della ferrovia, passaggio a livello, il paese finisce di colpo, senza una sola periferia. Cominciano i muretti, i campi di grano, gli olivi, i cancelli, le masserie, le mille discariche abusive, il reticolo di stradelli dalle geografie incomprensibili a chi non le percorre tutti i giorni. Gloria ai ragazzi di In Itinere: come hanno fatto a districarsi in una campagna attraversata da cruciverba di strade?

Prendiamo via Acquaviva.
Odore di vacche, capre, maiali. Piccole fattorie. Ceramiche come campanelli: famiglia Laterza, famiglia Paradiso…ci si racconta a famiglie in queste campagne. E poi, alle spalle di un cancello, statue di gesso, quasi un cimitero se si guardano solo le croci. Artista rurale? Ha popolato una piccola radura di Cristi in croce, esseri senza sesso stupiti di trovarsi in mezzo al Murge, ha raccontato qualcosa che stava sotto la sua pelle. Magari lo scultore si farà vivo e mi racconterà. Io entro abusivamente nel suo giardino. Chi cammina non si ferma. Qui vorrei stare ad aspettare.

Non ci saranno incontri in questo viaggio. Brevissime parole con Lele, Nicola e Pierino. La giornata ha la luce della fine dell’inverno. Vento di tramontana, gelido come un iceberg, sfida il sole che sa di aver il tempo dalla sua parte. Sa che la primavera è già sulla porta, i fiori hanno coraggio, brillano petali bianchi e gialli. Lele ci appare alle spalle, ha quasi settanta anni e ogni giorno raggiunge di buon passo la pineta Galietti. Questa è una Murgia (singolare?) di boschi. Boschi di querce. Roverelle, fragni e lecci. Ma questa è una pineta. Molti cartelli e attrezzi per la ginnastica all’aperto già distrutti. Soldi europei finiti in frantumi. C’è la masseria fortificata Galietti, chiusa da lucchetti. Costruita nel 1767, la masseria venne donata a un ente di beneficenza da Angela Galietti, ultima discendente della famiglia. Il tribunale respinse le pretese di un familiare, oggi la masseria appartiene al comune di Santeramo.

Si attraversa la pineta fino a trovare un’uscita clandestina su uno stradello asfaltato. E’ tempo di entrare nello zigzag di sentieri, cammini, stradine rurali. Non saprei ricostruire nessuna mappa. I muretti a secco, capolavori dei paretari, incastri di pietre, miracolo di equilibrio, fatica e sapere. Mi raccontano che oggi i migliori fra i costruttori di muretti sono gli albanesi. Fratelli di due sponde del mare.
Giovani querce vorrebbero trasformarsi in un viale alberato. Provano a tirar giù i muretti.
Contrada Lazzazzera, dice un cartello. Poi contrada Giampietruzzo. Incrocio con strada provinciale. Butto via il quadernetto, non saprei mai ritrovare il cammino.

Ci sono mille discariche. Domanda senza risposta: perché gettare sacchetti di rifiuti ai bordi delle strade? Che pensiero vi è dietro? Solo la fatica di trovare un cassonetto? Le lavatrici e i televisori sono gli scarti più frequenti ai confini dei campi. Strani cartelli di progetti europei. Pon-obiettivo convergenza 2007-2013, avvertono come se i viandanti sapessero. Vedono solo le serre abbandonate. L’obiettivo non deve essere stato raggiunto, volano le plastiche e i vetri sono in frantumi.

Ma poi appare un trullo. Poi masserie. Poi oliveti.
La ferula è già un rigoglio. Nasce a fianco dei rami disseccati dei suoi fratelli. La ferula attende gli uccelli. E io ho già malinconia: è finita l’attesa, questa pianta crescerà con impeto, sarà paesaggio e orgoglio, sarà bellissima e nella bellezza ha già l’istinto della sua fine. E segnerà il tempo che è già andato prima di cominciare a scorrere.




Poi un cartello, quasi casuale, ci rassicura, il bosco della Mesola è poco meno di due chilometri. Sant’Angelo in Criptis a meno di sei (dai, avvertite che la chiesa-grotta è chiusa). Antichi segni del sentiero di Giano (un altro progetto, immagino) e segnavia bianchi e rossi. Finalmente il bosco. Sono già stato qua, mille anni fa, chissà dove, ai tempi di Airone. Vi è un parco-avventure dei Briganti. I briganti erano ribelli, hanno ucciso, sono stati uccisi. Adesso sono un parco-giochi.

Deviazione improvvisa, i segnavia giallo e verdi avvertono solo per chi sale dal mare. Noi ci perdiamo, torniamo indietro, ritroviamo la strada, scavalchiamo una sbarra. Cammini nel bosco della Mesola. Si attraversano campi di grano. Piccole praterie di margherite coraggiose. Dovrebbe essere da queste parti la masseria Pantalone: qui venne ucciso Vituccio Servodio, il più celebre dei briganti della Murgia di Cassano.

Improvvisa pista di volo per aeromodelli. E parco giochi per bambini. Vacche grigie alpine, dalle tette immense, pascolano fra fiori gialli. Vacche resistenti, lontane parenti di specie del Sud. Pierino è andato a prenderle nelle alpi altoatesine. Masseria L’Amicizia, luogo famoso. Formaggi e birra, salumi e succhi di cotogne. Diventerà la sosta dei camminanti di questo andare: vi arrivi a mezza giornata. Pierino se ne va a badare le sue vacche. Figlie e generi in azienda.

Ora la strada è in discesa. Si perde quota, mare all’orizzonte. Mi piacerà camminare ancora? Arriveremo a Bari, mai stato alla chiesa di San Nicola. Scendiamo in un bosco di querce. Siamo sui confini del gradone della Murgia. Grandi masserie storiche. Casali di contadini poveri risistemati per i turisti. La lamia dei pastori della masseria Ruotolo era un rifugio settecentesco. Ovili come appartamenti. Cento significati per ‘lamia’: edificio con il tetto a volta, grotta sotterranea nelle terre calabresi, in antiche leggende è un mostro dal volto gentile che succhia il sangue dei bambini…

C’è di tutto in queste campagne: aeroporti per modellini, piste per go-kart, parchi avventure. Sono snob: mi bastavano i muretti a secco…

Il cammino va in cerca di tracce di sentiero per una giravolta selvatica dopo duecento metri dalla masseria Ruotolo. Ci perdiamo fra cespugli e ginestre che già cercano di tirare fuori i fiori. Rari segni sulle pietre. Si va a intuito, occhio alle tracce, ai passi di chi ha camminato prima di voi. Ci vuole fantasia. Un sapere casuale e istintivo (e le tracce sullo smartphone). Bisogna raggiungere la masseria Battista. E dopo ancora una brusca deviazione sulla sinistra. Il cammino non vuole raggiungere Cassano. Devia sempre.

Finalmente appare il paese. La massicciata di una vecchia ferrovia ci porta fra case da architetture sorprendenti. La prima Coca-cola dell’anno come ricompensa. Sono stanco.
Ventiquattro chilometri e qualche centinaio di metri. Quasi quarantamila passi. E ora?