Caminos.9/ ‘What’s wrong? What’s right?’

La nebbia dell’Oceano sul rio Minho

La grande notizia è il sole. Il marinaio, al mattino presto, di fronte al rio Coura, era stato esitante: ‘Per ora è una buona giornata’. ‘Ma qui todo cambia, è così?’ E allora mi vesto con la cura dell’antipioggia. Ma, per scaramanzia, ripiego cerata e soprapantaloni, voglio ingannare il cielo, mi fingo distratto, a volte anche lui cade nel tranello.

Dormono tutti all’albergue de Caminha, primo avamposto portoghese. Esco in silenzio, faccio in tempo a dare la mano a Lin, l’hospitalero dell’Ohaio. Ho un fuso orario diverso (che strano cambiare di sponda del fiume e trovarsi in un altro mondo) e so dei chilometri che mi aspettano. E, naturalmente, sbaglio strada. Qui si incrociano due fiumi, l’oceano, le maree e io mi smarrisco nella bellezza della nebbia che si è posata sul rio Minho. Salgo e scendo da una collina, giro attorno a un quartiere residenziale, il sole mi disorienta. Aggiungo chilometri ai chilometri. Ora so che sarà una giornata bella e sfinente. E silenziosa. E solitaria.

Il cammino nella pineta di Moledo

 

Satchmo

Sto lontano dalla app del percorso ufficiale. Corro rischi, insomma. Seguo le parole di Giulia. Un giorno dovrò dirle come mi piaceva. Lei e le sue parole. Ora seguo le sue tracce, Giulia, maestra di parole, si annoda nel descrivere un percorso che non può essere raccontato. Lascio il cammino sicuro (ma perché i camminatori ufficiali se ne stanno all’interno? Non amano l’Oceano?), devio dalla strada nazionale N13, non ho voglia di auto e camion, e prendo il cammino costiero. Allungo, insomma, L’Oceano è qualcosa di immenso. So che sarà più strada, so che non ce la farò, so che dovrei essere più saggio. So che questa pineta è bellissima, che a Moledo, paese dell’estate oramai andata fra i ricordi, c’è un bar ostinato aperto anche a metà ottobre: sulle pareti ha affrescato Satchmo e la sua tromba e dagli altoparlanti esce un jazz gentile.  Susanna, dove sei? Cafè con leche e toast misto. Dovrei fare lezioni di portoghese e capire che qui i prezzi sono più alti. Tapas, addio. Un italiano non capisce una sola parola in questa terra. Il sole è benedetto, tiro fuori i calzini e provo a farli asciugare appendendoli allo zaino. Passa una ragazza: ‘No rain today’. Ce la ridiamo. Gli uomini si ritrovano sul lungo Oceano a chiacchierare, coppie spingono carrozzine. Domenica.

Ombre dell’oceano

 

Oceano Compagno

 

Un segno…

Vila Praia de Âncora. Voglia di fermarmi. Crocchette di baccalà, birra SuperBock, sole che scalda. L’oste vorrebbe farmi assaggiare orecchie, sono tentato, ma ho troppi chilometri davanti.

Vila Praia de Âncora

 

Marinai

Già, che tonto a non fermarmi. Le tracce ufficiali portano sempre sulle colline, ma io voglio l’Oceano. Un uomo mi ferma: ‘Di là, cammino interrotto’. Devo ricordarmi una poesia di Pessoa, sui cammini interrotti…avrà anche ragione, ma ora mi ritrovo sulla N13 e non mi piace. Decido di nuovo di puntare alle onde: Giula mi sussurra nell’orecchio, la Mata de Gelfa…la foresta di Gelfa. Bel nome, scantono per un quarto d’ora verso il mare. Dove sto andando? C’è un cammino, qui? Provo a chiedere, in una lingua che non conosco, in una domenica solitaria. Non c’è nessuno. Chiedo agli alberi, a un casello ferroviario abbandonato, a un piccolo stormo di uccelli migranti, alle lumache. Non ho risposte, meglio che torni indietro. Chi lascia la via sicura…Vado avanti. ‘C’è un sentiero sulla spiaggia’, mi dice un tranquillo uomo che sta godendosi la domenica nel giardino di casa con moglie e figlioletto. ‘Por el monte, no’. E trovo davvero il sentiero di Giulia. Stretto e bellissimo, nascosto, senza segni, aggrovigliato in una foresta marina. Faccio incontri, e, nell’ordine, comincio a chiedere a un pescatore sdentato (ci diamo il cinque), a una coppia a passeggio, a una camminante allemana (finalmente una camminante…). Infine incrocio un americano: ‘You’re in the wrong way’. Lo guardo e replico saccente: ‘What is wrong? What is right?’. E ci sono le grandi dune di sabbia. L’Oceano oggi è una meraviglia, splende dal sole, lucida gli scogli. Provo a camminare sulla sabbia, affondo, risalgo, passerelle di legno, scivolo e mi riacciuffo, donne yankee in cammino (mi sto chiedendo dove stiano andando), moltiplico i chilometri. Praia de Afife, praia de Arda, voglio arrivare a Praia Paco, googlemaps vuole sempre mandarmi nell’interno. Cosa sanno i dispositivi elettronici che io non so?

L’Oceano afferra ogni pensiero

 

L’Oceano afferra ogni passo

 

Mata de Gelfa

Gli stradelli si divertono a confondermi le idee, vanno avanti e di lato come un cruciverba. Si divertono con la mia fatica. Ignorano il peso del mio zaino. Chiedo a ogni umano che sfioro (per fortuna non sono pochi alla domenica): due operai comunali che stanno riparando passerelle, un gruppo di uomini a passeggio, una coppia in un auto. Mi impongo di raggiungere quell’albero laggiù, e poi quella pietra a dieci metri di distanza, e poi quella pianta sul crinale dell’orizzonte, e poi quello strano pezzo di legno che sta cento metri…altrimenti mi siedo qui e non mi alzo più. Chiedo a un runner (che non mi sente perché ha le cuffiette e sorride un po’ ebete). Chiedo a dei ragazzini in fuga domenicale in bicicletta: ‘You’re in the right way’. Saggezza di adolescenti, ma qui non imparo una parola di portoghese. Passo sotto un grande faro, sfioro pitture rupestri (non ce la faccia a deviare per andare a vederle), ho finito l’acqua, ho sete, Oceano dissetami, nemmeno un bar per diciassette chilometri di costa. Solo ville affacciate sull’oceano. Chiuse dall’autunno, in una giornata magnifica. Viana do Castelo è lontanissma. La vedo ai confini della Terra. Vedo le gru del porto, gli stabilimenti industriali. Sono l’orizzonte, oltre l’orizzonte. L’Oceano prova a spingermi, ma ha altro da fare. Ci sono saline protostoriche, vecchi mulini che aspettano ancora il vento, ragazzi mano nella mano. E un depuratore, qui Giulia imbroglia, lo mette al chilometri zero, sSiamo arrivati, dunque? Col cavolo, la costa è infinita, segue le sponde del rio Lima, dietro ogni baia ce n’è un’altra. Cammino in maglietta, sono felice e stremato. Non penso più ai passi. A un certo punto non pensi più. Ci sono fortezze oceaniche, meriterebbe che entrassi, non ce la faccio. Arrivo alla foce del fiume Lima, c’è un storia romana attorno a questo fiume. C’è un bar con la folla della domenica. Conquisto una microbirra lottando con dieci avventori. E l’infelicità è scoprire che l’albergue è distante due chilometri e settecento metri.

L’Oceano afferra ogni gioco

 

L’Oceano invita

Vacillo con la zaino, avverto la ribellione delle vesciche. E cammino: zona industriale e portuale, avenida Atlantica, rotonda, grande piazza, una croce al centro, Josè Saramago sarà già arrivato da un pezzo, praça do General Barbosa, rua da Altamira, i prezzi dei ristoranti mi appaiono davvero molto più cari che in Galizia, il ponte Eiffel (una torre parigina messa a unire due sponde del fiume) e infine la Pousada. Sulla banchina del fiume. Che è un grande ostello per ragazzi. Pousada de la Juventud. Il luogo adatto, insomma. La donna dell’accoglienza mi squadra e mi dà un camera a quattro letti dove non verrà nessuno. E’ un campo da football la Pousada. Luci Ikea, ha una sua bellezza da studentato. C’è una sola camminante giapponese assorta nei suoi silenzi.

Poemi di pietra

 

Mulini in attesa vento o del Quichote

 

Enzo mi ha chiesto di capire dove sono ( da tenere presente, io vado all’incontrario. C’è un ‘incontrario’?

Vado a mangiare fettuccine alla bolognese, non ho fiato di tornare al centro di Vania. Dovrò decidermi a investire in baccalà prima o poi, almeno tredici euro. Viana è la città del baccalà. Oggi non so niente del mondo. Faccio in tempo a sapere del Cile e del Libano. Il mondo si sta sollevando, qualcosa scricchiola. Dall’Argentina, Graciela mi manda un poesia di Gioconda Belli. Il Nicaragua. Il Nicaragua. Il Nicaragua. Guardo le macchine che, nella notte, sembrano volare sulla linea invisibile del ponte Eiffel. Scambi di camere nella notte della Pousada. Invidia leggera, non trovo il sonno.

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3 pensieri riguardo “Caminos.9/ ‘What’s wrong? What’s right?’

  • 23 Ottobre 2019 in 14:25
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    Ciao Andrea,
    mi permetto di darti del tu.
    Sono Angela, appassionata di fotografia e di reportage di viaggi.
    Ho letto alcuni tuoi articoli su Erodoto108 (rivista che trovo bellissima e a cui mi sono subito abbonata) e cosi, cerandoti sul web, ho trovato il tuo sito e il tuo blog!
    Ho fatto anche io il Cammino. Per ben due volte: la prima a piedi, la seconda in bicicletta. E l’ho documentato, come stai facendo tu, solo per me, su un quaderno di carta.
    Era il classico Cammino francese e ora leggo voracemente ogni giorno le tue parole dal cammino sull’Oceano. Adoro il Portogallo e le strade che stai percorrendo e raccontando, le assaporo ogni giorno attraverso le tue parole!!
    Volevo soltanto dirti che mi sei da esempio. Forse un giorno mi deciderò anche io a scrivere su un blog e a creare un sito con le mie fotografie e i miei scritti.
    Mi piacerebbe tanto poter collaborare con Erodoto!
    Magari…se trovo il coraggio, vi spedisco qualche mio scatto e qualche riga…qualcosa di simile a ciò che viene pubblicato come “cartolina”…oppure uno dei miei reportage fotografici!
    Intanto ti mando un abbraccio di incoraggiamento e ti ringrazio per ciò che scrivi! I miei complimenti e soprattutto…buen camino!!!

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    • 28 Ottobre 2019 in 22:44
      Permalink

      Partito questa mattina da Porto, trovo le tue parole nel piccole albergue di Grijó. Ora ti mando una breve mail. Grazie per le tue parole. Incoraggiano…

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