Che cosa so di Luca
So che Luca Rastello ha scritto il più bel libro che abbia letto sulla Bosnia: ‘La guerra in casa’.
So che ha saputo raccontare gli uomini e le donne del ’77 come nessun altro: ‘Piove all’insù’.
So che ha mi commosso ne ‘I buoni’, il romanzo senza ipocrisie che ci ha messo davanti all’illusione della nostra bontà.
Luca se ne è andato l’altra notte.
Di lui mi ha sempre raccontato Mario. Me ne raccontava la tensione, l’onestà, la forza. Sapevo della sua malattia incredibile. Mario mi disse della gioia di Luca nel partire, pochi mesi fa, per l’Argentina. Mario lo ha raggiunto a Torino nelle ultime ore.
Minima&Moralia ha scritto che Luca ‘era il migliore’. Goffredo Fofi ha scritto che Luca ha ‘salvato l’onore di chi è cresciuto negli anni ’60 e ‘70’. E anche del ‘nostro giornalismo’.
Io ricordo una notte a Torino. Più di due anni fa. Una cena ubriaca, bella e sopra le righe. Una cena di vitalità esuberante. Mario e Luca se ne andarono via assieme.
Quando Fabio, frate francescano, mi disse di aver ascoltato Luca raccontare del suo libro, I Buoni, gli passai i suoi contatti e Luca andò a Padova a discutere con una comunità francescana. Gli piaceva il confronto e l’incontro. So che passarono assieme buone ore. In quella casa di frati, c’è, in cucina, una bacheca dove è appeso un foglietto: sono i disegni fatti da Luca durante quell’incontro.
So che frate Fabio avrebbe avuto piacere che Luca e Mario scrivessero di Sarajevo, del viaggio di papa Francesco nella capitale bosniaca, sulla rivista dei francescani di Padova. A Luca non fu concesso di scrivere. Un peccato.