La ragazzina che voleva fare l’ala sinistra

Alessandra ha le lentiggini e gli occhi dolcissimi. Va matta per i lecca-lecca, suona il piano, fa la quinta elementare. Ha le ginocchia sbucciate. Alessandra gioca all’ala sinistra: campetti pieni di buche delle periferie di Firenze e maglia azzurra del Dlf, che sta per Dopo Lavoro Ferrovieri. A lei spetta di diritto il numero 9. Che a Firenze vuol dire Batistuta. Lei gioca a testa alta, con falcate da giraffa e andatura da grande uccello africano. Elegante come un baronetto inglese. Astuta e perfida, sotto quell’aria ingenua, come il Roberto Baggio dei bei tempi. Valcareggi, grande vecchio del calcio italiano, la vide giocare in una notte d’estate, strizzò gli occhi esperti e disse: ‘Mica male, quello lì’. Dimenticavo: Alessandra è l’unica femmina in una squadra di ragazzini. Un osservatore della Cattolica Virtus, squadra storica di Firenze, si avvicinò, sornione, ai dirigenti del Dlf dopo che quell’attaccante, alto e imprendibile, aveva fatto ammattire, per quaranta minuti, un paio di terzini: chiese chi fosse e da quanto tempo giocasse. Interesse peloso da cacciatore di talenti. Si ritirò in buon ordine, scuotendo la testa, quando gli rivelarono che l’ala sinistra era una bambina. Marcello Bongi, l’allenatore del Dopo Lavoro, un agitato signore che, a guardarlo, sembra Trapattoni senza giacchetta per come salta sulla panchina e piroetta urlante ai bordi del campo, chiama tutti per cognome. Solo lei è Alessandra. E gli avversari si guardano attorno sconcertati: a chi si rivolge quel folletto che urla ordini sincopati e nervosi? Lei, in quest’ultimo scampolo di stagione, mentre il caldo fiorentino taglia le gambe, corre come una lepre dietro a palle impossibili. Nel torneo di fine stagione ha segnato otto gol. Le cronache puntuali di CalcioPiù, giornaletto del football fiorentino, annotano con stile britannico: ‘Veramente brava questa bambina’. ‘Ottima la prova dell’attaccante, una bambina che ha sempre dato filo da torcere agli avversari’.

Un terzino, basso e immusonito, scoppiò in un pianto ridotto a metà di una partita. La mamma lasciò le tribune e accorse in aiuto del figlio afflosciato. Lui confessò con il volto affondato nel palmo delle mani: ‘Quel tipo che mi scarta sempre è una femmina’. Era inconsolabile, disperato. Un genitore di un difensore avversario era prodigo di consigli per il figlio intimorito dalla fama da goleador di Alessandra: ‘Se ti va via, dalle un pizzicotto sul sedere’. Roba da gentiluomini. Fu sentito da Daniela, madre della mezzala del Dlf: ‘Provaci e vedrai che lecca ti tira l’Alessandra. Ti molla un ceffone che lo ricordi per tutta la vita’. Un portiere, sempre avversario, andò a curiosare negli spogliatoi del Dlf e scrutò, con occhi allibiti, le mutande a fiorellini dell’Alessandra: ‘E’ una bambina!’. E lei, continuando a cambiarsi con occhi scintillanti e finto-indifferenti: ‘E allora?’. Alessandra, nei campi di terra e ciuffi sbilenchi di erba stremata delle periferie di Firenze, è un giocatore di calcio. Il mister Bongi riesce anche a trasformarsi in sociologo (sembra proprio Trapattoni): ‘I ragazzini la guardano, ma vedono un giocatore. La differenza non ha alcun peso. Anzi: da tre anni giocano assieme e hanno imparato che le diversità non contano, non vogliono dire nulla. Per me lei è un’ala sinistra’. Stai a vedere che al Dlf hanno inventato un piccolo miracolo.
Sono certamente più intelligenti dei computer della Federcalcio. Alessandra non è la sola calciatrice che, in Italia, scalpita sui campetti dei giovanili, ma le statistiche non considerano queste pattuglie di femmine. Lei, negli elenchi dei ragazzini tesserati, risulta, come le sue sconosciute amiche, un maschio. E a 13 anni dovrà riporre il suo sogno di inseguire un pallone a spicchi bianchi e neri: se vorrà continuare a giocare potrà farlo solo con le ragazze. E come glielo spieghi ad Alessandra? Lei, che ha tirato pedate (e ne ha prese) a Giacomo, Claudio, Gabriele e Giovanni e che, nell’ultima partita della stagione, si è trovata fra le gambe gli stinchi arcigni e testardi di ‘Schizzo’, minuscolo e velenoso terzino dell’Atletico Castello, voleva solo fare l’ala sinistra. E già ora Alessandra deve essere grata a Deborah e Manuela, gemelle Gheduzzi. Questa è storia di dodici anni fa. Le due ragazzine, uguali come gocce d’acqua, giocavano in una squadretta maschile di Piacenza. A quel tempo non si poteva nemmeno parlare di squadra miste, gli spogliatoi erano come le elementari di quarant’anni fa: divieto assoluto di contaminazioni. Ma Deborah e Manuela erano davvero brave: e allora l’allenatore, furbo come una volpe, fece tagliare i capelli alle gemelle, le chiamava solo per cognome e nessuno controllò i documenti. Le due ragazzine condussero la squadra emiliana fino a una finale nazionale. Solo lì il trucco fu scoperto: non poterono radiare le gemelle (che finirono a giocare nel Monza femminile), ma squalificarono la squadra. Ma, finalmente, qualcuno, fra i saggi testoni della Federazione, capì che era da stupidi dividere femmine da maschi anche sui campi di calcio dei ragazzini.
Quando Alessandra, tre anni fa, si presentò la prima volta agli allenamenti, i genitori dei compagni l’adottarono subito: era Biancaneve con i sette nani. Era alta una spanna più di tutti e aveva un sorriso da fiaba gentile. C’è solo un difensore del Dlf (non posso dire il nome: ne andrebbe di mezzo una invalicabile privacy fanciullesca) che non guarda ad Alessandra come a un’ala sinistra. Ma lui è innamorato perso. Come si può esserlo a dieci anni. Un bel guaio: anch’io l’ho visto avventurarsi in scellerate puntate in attacco e non ho capito bene perché contravvenisse a qualsiasi prudenza e sfidasse, con noncuranza, le ire furibonde del mister. Il dubbio è che voglia stare vicino all’Alessandra. Che, ogni volta, lo fulmina con occhiatacce. ‘Se ci fossero margherite in mezzo al campo, si metterebbe a raccoglierle per lei e si dimenticherebbe del pallone’, dice a sorpresa una madre inviperita contro quel difensore distratto. Questo sì, che potrebbe essere un guaio per un’ala sinistra.

Calcio al femminile

Diecimila ragazze giocano al calcio in Italia. La squadra nazionale, in questi giorni, zampetta sui campi americani per il mondiale. Finale il 10 luglio allo stadio Rose Bowl di Los Angeles. L’Italia è vicecampione d’Europa dietro la Germania. Il Milan, tanto per cambiare, è campione d’Italia: un punto sulla Torres di Sassari. La Lazio, in questo caso, è solo terza. Ma siamo sempre lì: Milan e Lazio sono state le finaliste di Coppa Italia. Il presidente della Federazione femminile è un insegnante di lettere a Monza: si chiama Natalina Ceraso Levati. E Alessandra non ha speranze: potrà giocare con i ragazzi solo fino a 13 anni. “Non credo che vi siano possibilità – spiega Natalina – Non vi sono ostacoli medici o psicofisici. Vi sono ragioni di comportamenti, di abitudini che non è possibile cambiare. Siamo riusciti a ottenere che le ragazzine possano giocare con i maschi fino alla categoria esordienti. Di più non è stato possibile. E non sappiamo nemmeno quante siano le bambine che giocano con i maschi: crediamo che non siano poche, più di mille”.
Ogni informazione sul calcio femminile nel sito web della Federazione: www.datasport.it/ind/calciofemminile/homepage.htm Da visitare anche l’archivio della rivista CalcioDonne Magazine: www.onairweb.com/calciofe/magazine.htm